
Intelligenza organizzativa: di cosa si tratta e come può aiutare un’azienda
Il mondo del lavoro negli ultimi anni è cambiato radicalmente. Questi mutamenti hanno reso necessari non solo nuovi strumenti, ma anche nuovi modi di pensare oltre che di interagire. Il capitale umano è quindi fondamentale. Si tratta di uno dei punti di partenza per analizzare i dati e tradurli in informazioni utili.
Prima di arrivare a questo punto, però, devono essere coperti diversi step. Quali di preciso? Ecco i principali:
- Capacità di condividere informazioni tra le diverse parti di un’organizzazione
- Capacità di un’organizzazione di raccogliere i dati ed esaminare gli eventi in modo da adattarli al proprio modello di business
Quando si parla di intelligenza organizzativa, è possibile individuare due componenti principali:
- Conoscenza: in questa definizione si raccolgono tutte le strategie volte a ricercare e catalogare le informazioni, con l’obiettivo di condividere poi le esperienze. Tra i documenti utili per migliorare la conoscenza, è possibile ricordare quelli destinati alle interviste ai dipendenti di maggior successo in un’azienda, con l’obiettivo di individuare i processi dietro al loro comportamento.
- Apprendimento organizzativo: questo aspetto si basa sulla convinzione che le migliori organizzazioni siano in grado di analizzare i dati oggettivi in modo da cambiare l’ambiente, la governance e l’approccio ai piani di business.
Un altro punto di riferimento molto importante per capire l’intelligenza organizzativa riguarda il fatto che le migliori aziende si impegnano non solo a racogliere i dati, ma anche a condividere le informazioni in tutta l’organizzazione. Nelle realtà più efficienti, diversi reparti utilizzano il medesimo fornitori per la medesima funzione.
L’intelligenza organizzativa, quindi, non si può definire come un processo localizzato, ma come qualcosa di distribuito. Come abbiamo appena visto nei paragrafi precedenti, per capire come funziona il tutto è necessario guardare alla cultura aziendale, al modo in cui le informazioni circolano tra i vari reparti. L’intelligenza organizzativa, quindi, si può considerare come qualcosa che va oltre alla somma delle intelligenze di chi lavora in un’azienda. Calzante è il paragone con le cellule del cervello che, tutte assieme, compiono un lavoro fondamentale per i meccanismi dell’intelligenza.
All’intelligenza organizzativa è collegata saldamente quella emotiva, fondamentale per avere successo oggi nel business. A ricordarcelo ci pensa uno studio della UCLA, che ricorda come nel 93% dei casi il successo di un’azienda dipenda da aspetti come fiducia, integrità e onestà.
L’intelligenza emotiva, intesa come mix tra emozioni, pensieri e azioni, implica la capacità di “sentire i propri pensieri” prima di prendere una decisione. Risulta chiaro che si tratta di una base essenziale per garantire l’intelligenza organizzativa. Come svilupparla? Lavorando prima di tutto sui manager. Un leader con una buona intelligenza emotiva deve:
- Essere in grado di riconoscere e gestire le proprie emozioni in maniera costruttiva
- Gestire al meglio la comunicazione in modo da contribuire a creare in azienda delle relazioni serene e costruttive
- Capire quali sfide devono affrontare i collaboratori quando hanno a che fare con i cambiamenti e incoraggiarli al proposito
- Gestire i conflitti in maniera assertiva
- Generare un clima di fiducia in azienda
Per raggiungere questi obiettivi bisogna avere gli occhi aperti sull’intelligenza intepersonale, il che implica la consapevolezza di quello che accade dentro di sé (self awareness) e avere la consapevolezza di come agire nel migliore dei modi (self management).
Sempre più aziende sono interessate a lavorare sull’intelligenza organizzativa come il caso di SAP e Alessio Sergi. Cosa pensi di questi punti? Hai mai pensato di implementare l’intelligenza emotiva e organizzativa nella tua azienda?
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